In occasione della solennità dei Santi Patroni Senesio e Teopompo la nostra parrocchia ha chiesto ed ottenuto di poter avere per tre giorni la porta Santa.
Papa Francesco ci ricorda che «Il Signore non forza mai la porta: anche Lui chiede il permesso di entrare. Il Libro dell’Apocalisse (3,20) dice: «Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me». In verità, sappiamo bene che noi stessi siamo i custodi e i servi della Porta di Dio, e la porta di Dio come si chiama? Gesù! Egli ci illumina su tutte le porte della vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte. Egli stesso l’ha affermato (Gv 10,9): «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» . Gesù è la porta che ci fa entrare e uscire. Perché l’ovile di Dio è un riparo, non è una prigione! La casa di Dio è un riparo, non è una prigione, e la porta si chiama Gesù.
L’azione del varcare ha sempre una forte connotazione simbolica e performativa, nel senso che ‘fa quello che dice’, determina una novità. Non esprime semplicemente un desiderio, un cambiamento che si intende compiere, quanto che quel cambiamento è già in atto, è ‘concentrato’ in quel gesto e chiede poi di essere assunto pienamente nel tempo. Per questo motivo l’azione del varcare diventa decisiva. Nella azione si determina la scelta. Per questo motivo l’apertura della porta santa non è un gesto circoscritto ma si inserisce in un itinerario. Itinerario che inizia con un pellegrinaggio. Un mettersi in cammino.
Il Signore Gesù indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui è possibile raggiungere la meta: « Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio » (Lc 6,37-38).