«Dio e il male? Questo è il mistero» intervista a monsignor Erio Castellucci

«Dio e il male? Questo è il mistero» intervista a monsignor Erio Castellucci

“Adiutores gaudiivestri”. È’ il motto del vescovo di Modena,monsignor Erio Castellucci, che nella parrocchia San Benedetto Abate  ha accettato volentieri l’invito ad un confronto con i giovani.

Noi ragazzi abbiamo ricevuto la fede cristiana dai genitori, se fossimo nati in un’altra parte del mondo, avremmo una religione diversa. Come può il nostro Dio essere il vero Dio per tutti gli uomini?

«La religione ci aiuta a capire che ognuno è inserito in una tradizione e che l’essere umano è sempre collocato in un tempo, in un contesto e in un luogo. Non possiamo avere tutti le stesse possibilità; nasciamo in epoche diverse ed impariamo lingue e costumi differenti. Noi tutti siamo incorporati in un tempo e in uno spazio e proprio per questo, ogni storia che un uomo ha alle spalle è sempre interessante e non bisogna pentirsene. Queste storie assorbono le tradizioni di cui facciamo parte e le possiamo adottare o, al contrario, rifiutarle. Noi siamo liberi di scegliere come hanno fatto i molti cristiani che si sono convertiti all’Islam. Possiamo decidere la nostra religione che, alle radici, ha sempre degli elementi in comune con le altre. Per esempio: i musulmani condividono la nostra idea di Dio misericordioso, che loda la vita e chiede rispetto. Pensate che in alcune aree dell’Asia, la religione Induista ritiene Cristo una divinità. Per non parlare degli Ebrei con cui condividiamo addirittura delle letture. Sono tanti quindi gli aspetti in comune che hanno le religioni. E ciò porta a pensare a un Dio unico, come dice Papa Francesco. Ma sta a noi cercare la religione migliore e, proprio per fare questa ricerca, dobbiamo dialogare e confrontarci con le altre e non cadere nel fondamentalismo. Solo i deboli si chiudono dietro le proprie barriere mentali».

È possibile essere cristiani se non si condividono alcuni principi della Chiesa come per esempio non andare a messa o leggere la Bibbia; insomma non crede che Dio preferisca i fatti alla forma? E perché la Chiesa ha bisogno di una struttura gerarchica?

«Sappiamo che Gesù, attraverso i discepoli, mise in moto la Chiesa, ma per quale motivo? Perché la fede cristiana non deve essere vissuta individualmente. Il cardine della nostra religione è l’amore, che ci lega ed unisce e che va vissuto insieme. La Chiesa nasce così e insieme a lei nascono anche dei ruoli di coordinamento e di guida, proprio come in una famiglia. Ma non dobbiamo intendere queste “cariche” come delle posizioni superiori ad altre. No! Questi ruoli devono esercitare il potere del servizio immergendosi nella comunità. Rispetto poi alla partecipazione ai riti, la Chiesa si poggia su tre grandi pilastri: ascoltare la parola di Dio, aiutarsi e l’eucarestia. Per certi aspetti mi ricorda una famiglia che si fonda sulla comunicazione, sull’aiuto reciproco e sul pasto comune. Ed è proprio nella messa che la comunità si riunisce, partecipa alla mensa ed ascolta la Parola. Un cristiano deve andare a messa, ma non voglio dilungarmi dicendo che chi non lo fa compie un peccato. La Chiesa non è perfetta ed ha molti difetti. Gesù, infatti, non ha scelto dei saggi o dei sacerdoti per costruirla, ma gente comune nelle quali riconoscersi. Gesù non voleva una Chiesa impeccabile, ma una Chiesa umana».

Dio permette la sofferenza? Dov’è davanti alle tragedie e ai disastri?

«Questa è LA domanda, già sentita e discussa da migliaia di anni, ma ancora oggi ce la poniamo e non riusciamo a trovare una risposta chiara. Se ci fosse stato S. Agostino al posto del vescovo quella sera, avrebbe detto che il male non esiste perché Dio è buono ed è creatore di tutte le cose che, proprio perché sue creature, sono anch’esse buone. Per Agostino il male è semplicemente assenza di bene, come il freddo è assenza di calore ed il buio è assenza di luce. Ma il suo pensiero fu messo in discussione dai filosofi successivi … Se dovessi dare una risposta, direi…Non lo so! Anche Gesù si è fatto la stessa domanda sulla croce e la riposta, in qualche modo, è stata la resurrezione. Allora penso che bisogna affrontare la sofferenza con il Signore che lascia sempre una luce di speranza accesa».

«Qualche giorno fa, sono andato a trovare una persona malata di Sla. È sposato e nonostante la sua immobilità mi ha saputo dire che è sereno. Nonostante le infinite difficoltà, è in pace con sé stesso perché ha Gesù al suo fianco. Gesù vuole accompagnare le nostre sofferenze, ma non ci spiega perché esistano: è un mistero grande come la mente di Dio stesso. Non possiamo rispondere a una domanda così grande, ma possiamo dire che: poiché esiste la sofferenza, impariamo da essa sempre qualcosa. La sofferenza ci educa!… Benedetta Bianchi Porro, una giovane studentessa di medicina che morì a soli 26 anni per una rara malattia, scriveva: “Proprio grazie alla sofferenza ha scoperto che Dio esiste ed è amore, gioia e pace”».

Perché l’essere umano ha bisogno di Dio?

«L’uomo ha sempre avuto bisogno di un punto fermo. Kant disse che la scienza risponde a tante domande, tranne che a tre: da dove veniamo, chi siamo e dove andiamo dopo la morte. L’uomo ha quindi il bisogno di affidarsi a qualcosa

perché le domande sono più delle risposte e la nostra vita resta apertissima. Noi siamo solo un granello minuscolo di materia, ecco tutto. Secondo la Bibbia siamo immagine di Dio ed in quanto immagini, lo dobbiamo cercare per raggiungere la gioia e per rispondere alle nostre domande».

Intervista tratta da “Voci dal Branco” – 31 marzo 2016.