Novena del Santo Natale 2024

Novena del Santo Natale 2024

Dalle catechesi di papa Francesco, in preparazione al Santo Natale
Lunedì 16 dicembre

Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più
sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia così com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi. Così facendo ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane. Egli è il Dio-con-noi; Gesù è Dio-con-noi da sempre e per sempre con noi nelle sofferenze e nei dolori della storia. Il Natale di Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati.

Martedì 17 dicembre

L’incarnazione del Figlio di Dio apre un nuovo inizio nella storia universale dell’uomo e della donna. E questo nuovo inizio accade in seno ad una famiglia, a Nazaret. Gesù nacque in una famiglia. Lui poteva venire spettacolarmente, o come un guerriero, un imperatore… No, no: viene come un figlio di famiglia, in una famiglia… Dio ha scelto di nascere in una famiglia umana, che ha formato Lui stesso. L’ha formata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero Romano. Non a Roma, che era la capitale dell’Impero, non in una grande città, ma in una periferia quasi invisibile, anzi, piuttosto malfamata. Lo ricordano anche i Vangeli, quasi come un modo di dire: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). Forse, in molte parti del mondo, noi stessi parliamo ancora così, quando sentiamo il nome di qualche luogo periferico di una grande città. Ebbene, proprio da lì, da quella periferia del grande Impero, è iniziata la storia più santa e più buona, quella di Gesù tra gli uomini! E lì si trovava questa famiglia… Ciascuna famiglia cristiana – come fecero Maria e Giuseppe – può anzitutto accogliere Gesù, ascoltarlo, parlare con Lui, custodirlo, proteggerlo, crescere con Lui; e così migliorare il mondo. Facciamo spazio nel nostro cuore e nelle nostre giornate al Signore.

Mercoledì 18 dicembre

Fare Natale è fare come Gesù, venuto per noi bisognosi, e scendere verso chi ha bisogno di noi. È fare come Maria: fidarsi, docili a Dio, anche senza capire cosa Egli farà. Fare Natale è fare come Giuseppe: alzarsi per realizzare ciò che Dio vuole, anche se non è secondo i nostri piani. San Giuseppe è sorprendente: nel Vangelo non parla mai: non c’è una parola, di Giuseppe, nel Vangelo; e il Signore gli parla nel silenzio, gli parla proprio nel sonno. Natale è preferire la voce silenziosa di Dio ai frastuoni del consumismo. Se sapremo stare in silenzio davanti al presepe, Natale sarà anche per noi una sorpresa, non una cosa già vista. Stare in silenzio davanti al presepe: questo è l’invito, per Natale. Prenditi un po’ di tempo, vai davanti al presepe e stai in silenzio. E sentirai, vedrai la sorpresa.

Giovedì 19 dicembre

Il Natale ci invita a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia, nella quale gli uomini, feriti dal peccato, vanno incessantemente alla ricerca di verità, alla ricerca di misericordia, alla ricerca di redenzione; e, dall’altra, sulla bontà di Dio, che ci è venuto incontro per comunicarci la Verità che salva e renderci partecipi della sua amicizia e della sua vita. E questo dono di grazia: questo è pura grazia, senza merito nostro… E questo dono di grazia lo riceviamo attraverso la semplicità e l’umanità del Natale, e può rimuovere dai nostri cuori e dalle nostre menti il pessimismo, che oggi si è diffuso ancor più a causa della pandemia. Possiamo superare quel senso di smarrimento inquietante, non lasciarci sopraffare dalle sconfitte e dai fallimenti, nella ritrovata consapevolezza che quel Bambino umile e povero, nascosto e inerme, è Dio stesso, fattosi uomo per noi. Il Concilio Vaticano II, in un celebre passo della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, ci dice che questo avvenimento riguarda ognuno di noi. «Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo». «Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, Egli si è fatto veramente uno di noi in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Gaudium et spes, 22). Ma Gesù è nato duemila anni fa, e riguarda me? – Sì, riguarda te e me, ognuno di noi. Gesù è uno di noi: Dio, in Gesù, è uno di noi.

Venerdì 20 dicembre

Guardiamo Maria, Madre della speranza. Con il suo “sì” ha aperto a Dio la porta del nostro mondo: il suo cuore di ragazza era pieno di speranza, tutta animata dalla fede; e così Dio l’ha prescelta e lei ha creduto alla sua parola. Colei che per nove mesi è stata l’arca della nuova ed eterna Alleanza, nella grotta contempla il Bambino e vede in Lui l’amore di Dio, che viene a salvare il suo popolo e l’intera umanità. Accanto a Maria c’è Giuseppe, discendente di Iesse e di Davide; anche lui ha creduto alle parole dell’angelo, e guardando Gesù nella mangiatoia, medita che quel Bambino viene dallo Spirito Santo, e che Dio stesso gli ha ordinato di chiamarlo così, “Gesù”. In quel nome c’è la speranza per ogni uomo, perché mediante quel figlio di donna, Dio salverà l’umanità dalla morte e dal peccato… Contemplando il presepe, ci prepariamo al Natale del Signore. Sarà veramente una festa se accoglieremo Gesù, seme di speranza che Dio depone nei solchi della nostra storia personale e comunitaria. Ogni “sì” a Gesù che viene è un germoglio di speranza. Abbiamo fiducia in questo germoglio di speranza, in questo sì: “Sì, Gesù, tu puoi salvarmi, tu puoi salvarmi”.

Sabato 21 dicembre

E’ così che il Figlio di Dio si presenta anche oggi a noi: come il dono di Dio per l’umanità che è immersa nella notte e nel torpore del sonno (cfr Is 9,1). E ancora oggi assistiamo al fatto che spesso l’umanità preferisce il buio, perché sa che la luce svelerebbe tutte quelle azioni e quei pensieri che farebbero arrossire o rimordere la coscienza. Così, si preferisce rimanere nel buio e non sconvolgere le proprie abitudini sbagliate. Ci possiamo chiedere allora che cosa significhi accogliere il dono di Dio che è Gesù. Come Lui stesso ci ha insegnato con la sua vita, significa diventare quotidianamente un dono gratuito per coloro che si incontrano sulla propria strada. Ecco perché a Natale si scambiano i doni. Il vero dono per noi è Gesù, e come Lui vogliamo essere dono per gli altri. E, siccome noi vogliamo essere dono per gli altri, scambiamo dei doni, come segno, come segnale di questo atteggiamento che ci insegna Gesù: Lui, inviato dal Padre, è stato dono per noi, e noi siamo doni per gli altri.

Domenica 22 dicembre

Solo l’umiltà è la via che ci conduce a Dio e, allo stesso tempo, proprio perché ci conduce a Lui, ci porta anche all’essenziale della vita, al suo significato più vero, al motivo più affidabile per cui la vita vale la pena di essere vissuta. Solo l’umiltà ci spalanca all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta. Senza umiltà siamo “tagliati fuori”, siamo tagliati fuori dalla comprensione di Dio, dalla comprensione di noi stessi. Occorre essere umile per capire noi stessi, tanto più per capire Dio. I Magi potevano anche essere dei grandi secondo la logica del mondo, ma si fanno piccoli, umili, e proprio per questo riescono a trovare Gesù e a riconoscerlo. Essi accettano l’umiltà di cercare, di mettersi in viaggio, di chiedere, di rischiare, di sbagliare. Ogni uomo, nel profondo del suo cuore, è chiamato a cercare Dio: tutti noi, abbiamo quella inquietudine e il nostro lavoro è non spegnere quella inquietudine, ma lasciarla crescere perché è l’inquietudine di cercare Dio; e, con la sua stessa grazia, può trovarlo. Facciamo nostra la preghiera di Sant’Anselmo (1033-1109): «Signore, insegnami a cercarti. Mostrati, quando ti cerco. Non posso cercarti, se tu non mi insegni; né trovarti, se tu non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti! Che io ti trovi cercandoti e ti ami trovandoti!»

Lunedì 23 dicembre

Chiediamo la grazia dello stupore: davanti a questo mistero, a questa realtà così tenera, così bella, così vicina ai nostri cuori, il Signore ci dia la grazia dello stupore, per incontrarlo, per avvicinarci a Lui, per avvicinarci a tutti noi. Questo farà rinascere in noi la tenerezza…E questo è quello che ci porta Dio, oggi: un modo meraviglioso in cui Dio ha voluto venire al mondo, e questo fa rinascere in noi la tenerezza, la tenerezza umana che è vicina a quella di Dio. E oggi abbiamo tanto bisogno di tenerezza, tanto bisogno di carezze umane, davanti a tante miserie! Se la pandemia ci ha costretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra la via della tenerezza per essere vicini, per essere umani. Seguiamo questa strada.

Martedì 24 dicembre

Dio non ci ha guardato dall’alto, da lontano, non ci è passato accanto, non ha avuto ribrezzo della nostra miseria, non si è rivestito di un corpo apparente, ma ha assunto pienamente la nostra natura e la nostra condizione umana. Non ha lasciato fuori nulla, eccetto il peccato: l’unica cosa che Lui non ha. Tutta l’umanità è in Lui. Egli ha preso tutto ciò che siamo, così come siamo. Questo è essenziale per comprendere la fede cristiana. S. Agostino, ripensando al suo cammino di conversione, nelle sue Confessioni scrive: «Non avevo ancora tanta umiltà da possedere il mio Dio, l’umile Gesù, né conoscevo ancora gli ammaestramenti della sua debolezza» (Confessioni VII,8). E qual è la debolezza di Gesù? La “debolezza” di Gesù è un “ammaestramento”! Perché ci rivela l’amore di Dio. Il Natale è la festa dell’Amore incarnato, dell’amore nato per noi in Gesù Cristo. Gesù Cristo è la luce degli uomini che splende nelle tenebre, che dà senso all’esistenza umana e alla storia intera.

Benedictus

Benedetto il Signore, Dio d’Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi una Salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo:
salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.
Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell’ombra della morte,
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace
Gloria al Padre….